Trasporti: il movimento di sciopero si estende

I lavoratori dei trasporti non sono nuovi a scioperare. Da molti anni gli scioperi, da chiunque proclamati, vedono quasi sempre una buona adesione, spesso con cifre superiori al 50 %, ma talora anche con cifre più elevate, specie in alcune città tra cui Milano, Venezia, Roma, Napoli, Palermo e in alcuni scali, tra cui Malpensa, Linate e Fiumicino.
Questo malgrado la loro indizione sia sempre problematica, dovendo affrontare precettazioni e normativa antisciopero, tra cui l’assicurazione di servizi minimi e le fasce orarie di rispetto. Recentemente, anche per l’allungarsi delle motivazioni, tra cui il problema del rinnovo del contratto, gli scioperi si sono intensificati. In ogni settore i lavoratori vivono proprie specificità di disagio che è anche interna alle diverse realtà, riguardando i singoli appalti degli enti gestori e le singole compagnie e ditte che lo esercitano. Non è semplice comprendere tutte le problematiche, che per sommi capi possono essere così riassunte:
– il trasporto aereo vive da molti anni la deregulation con il moltiplicarsi delle compagnie low cost per passeggeri che rispetto a quelle di bandiera praticano dumping contrattuale con orari e turni stressanti e stipendi/salari più bassi. Addirittura alcune compagnie lavorano senza contratto sostituito da arbitrarie e vessatorie norme aziendali. Su di esse sono transitati piloti e altro personale viaggiante proveniente dagli esuberi di grandi compagnie. C’è poi il problema di chi non è riuscito a ricollocarsi e si trova da anni in cassa integrazione. Per l’ex-Alitalia sono ancora migliaia. Recentemente, grazie agli scioperi di settore, sono riusciti ad avere una proroga di due mesi della c.i.g. in scadenza il 31 ottobre: ciò permette una ricontrattazione degli ammortizzatori sociali, senza finire subito sul lastrico.
– il trasporto ferroviario soffre da sempre il problema della mancanza di sicurezza sul lavoro, che ha causato stragi (Crevalcore, Viareggio, Andria, Brandizzo, etc.). Un problema acuito dai subappalti e che recentemente si è esteso alle aggressioni del personale viaggiante. Quello merci, dove prevalgono compagnie private, ha problemi di deregulation simile al trasporto aereo.
– il TPL (trasporto pubblico locale) su strada, ferrovia e acqua affronta anch’esso il problema della sicurezza, aggressioni comprese, e della giungla normativa dovuta al sistema degli appalti, oltre che bassi salari, turni lunghi e stressanti nel traffico cittadino e con la responsabilità di condurre mezzi stracolmi, con gli utenti che sovente rimangono a terra, mezzi spesso antiquati che spesso si rompono mentre viaggiano, anche per scarsa manutenzione.
In diverse realtà del Tpl, specie nel nord, gli autisti assunti si licenziano dopo pochi mesi per andarsene nell’autotrasporto privato, meglio retribuito, lasciando degli scoperti in organico che le aziende risolvono tagliando le corse e/o rimpiendole all’inverosimile.
Poi c’è il problema contrattuale. Il CCNL non è ancora stato rinnovato e i lavoratori sono ben consci della posta in gioco, con i precedenti di altre categorie già firmati o in via di definizione, in cui si ragiona su aumenti di 160 euro mensili. Il sindacalismo conflittuale rivendica un aumento netto attorno ai 300 euro che in realtà recupera appena un’inflazione che nel biennio ‘22-23 è stata ufficialmente del 13,8% (in realtà più elevata) senza un reale avanzamento. Una rivendicazione non adeguata alla forza contrattuale che il settore potrebbe esprimere diventando elemento di trascinamento per le categorie più deboli.
Purtroppo la disponibilità alla lotta non trova una rappresentanza sindacale unita, non tra confederali e “conflittuali”, ma nemmeno all’interno di questi ultimi, con sigle che spesso provano a fare scioperi di bandiera.
Come altrove, nessun dirigente sindacale degno di questo nome prova a mettere in pratica una politica di unità e di fronte unico, facendo emergere il protagonismo di delegati e lavoratori. Con il risultato che la quantità non è nelle condizioni di diventare qualità e le rivendicazioni sono spesso disperse nel localismo e non travalicano le divisioni per tipologia.
Ai lavoratori più avanzati e combattivi, coscienti di questo stato di cose, va il compito di agire per superare la suddivisione in sigle conducendo una politica unitaria e unificante in grado di trasformare il disagio in coscienza di classe. Una politica necessaria per affrontare da possibili posizioni di forza la reazione politica e padronale di questi tempi e che possa avere un effetto di trascinamento per l’intero movimento operaio e sindacale.
Da Scintilla n. 148, ottobre 2024

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